mercoledì 2 aprile 2014

Famiglie di operai licenziate dai robot...

Si gli altri siamo noi
fra gli Indios e gli Indù
ragazzi in farmacie che ormai non ce la fanno più,
famiglie di operai, i licenziati dai robot
e zingari dell'est in riserve di periferia
siamo tutti vittime e carnefici
tanto prima o poi gli altri siamo noi.  


Quando ho letto l'articolo di Jacopo Tondelli Le nuove tecnologie distruggono posti di lavoro? e la richiamata intervista a Romano Prodi su Repubblica:
"....la rivoluzione industriale in corso, quella centrata sull’Information Technology, a differenza di quelle del passato, non crea lavoro e anzi lo distrugge."
ho subito pernsato a questa canzone di Umberto Tozzi e come reagì mio padre la prima volta che la senti.

Era credo un Sanremo di parecchi anni fa, forse i miei primi anni di liceo.

Mio padre è sempre stato attento a non influenzarci politicamente e l'ho visto sbottare seriamente solo un paio di volte su cose che ai tempi non comprendevo: quando i Vescovi influenzavano la politica con le loro esternazioni (noi famiglia cattolica con tanto di scuola dalle suore) e sul testo di questa canzone.

L'idea che il problema dell'occupazione fosse l'innovazione tecnologica e la modernità proprio non riusciva ad accettarlo e neanche a nascondere il suo disappunto difronte a me bambino.

La voglia di capire queste strane reazioni e la sua ritrosia a spiegare per non influenzarmi mi portò a studiare e ad appassionarmi di politica per soddisfare queste curiosità.

Oggi rileggo le esternazioni di Prodi e scopro che siamo ancora là, che questo Paese è fermo ai dubbi dei miei sedici anni, che i luoghi comuni continuano a far da padroni, che la mentalià è quella di falsi intellettualismi e non si pensa mai a come costruire a come cavalcare l'innovazione preferendo crogiolarsi in riflessioni inutili sulla crisi.

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